Evitando di entrare nel merito della diatriba in tema di profughi tra il sindaco Gori e la Lega, molte persone si chiedono: “Stabilito che un immigrato non ha i requisiti per restare, perché il rimpatrio non avviene?
Perché è così difficile rimandare a casa chi non ha il diritto di rimanere nel nostro Paese?” Vediamo di capire il perché. Prima di tutto gli irregolari possono essere espulsi solo dopo l’identificazione e il lasciapassare delle autorità consolari del Paese di origine. Quindi, poiché è praticamente impossibile farlo in tempi brevi, l’unico strumento di trattenimento per queste persone sono i cosiddetti CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Essendo pochi i posti, per tutti gli altri si applica un decreto legge, l’89/2011, approvato dal governo Berlusconi e dalla Lega Nord.
Fino ad allora il decreto di espulsione prevedeva l’accompagnamento forzato alla frontiera da parte delle autorità italiane. Quel decreto ha sostituito, all’espulsione forzata, l’allontanamento volontario da concordare con la persona espulsa a cui viene semplicemente dato un periodo di tempo entro cui lasciare l’Italia. L’espulsione forzata a oggi è prevista solamente in alcuni casi, decisa da un giudice in base alla pericolosità della persona in questione.
Concretamente, a migliaia di persone che le autorità italiane non ritengono pericolose, viene semplicemente consegnato un foglio che gli ordina di lasciare l’Italia, lasciando poi agli stessi la facoltà di ottemperare o meno a quell’ordine. Alla base di tutti questi problemi (creando una notevole disparità tra i Paesi che sono più facilmente raggiungibili rispetto ad altri,) c’è comunque il Trattato di Dublino che obbliga il primo Paese ospitante a trattenere i migranti e prenderne in carico l'istanza. Trattato di Dublino II, contenente quella norma, firmato dal Governo Berlusconi e dalla Lega Nord. Per cercare comunque di snellire le procedure di riconoscimento ed espulsione è stato approvato in questi giorni il decreto Minniti sul contrasto all’immigrazione illegale.
Al suo interno ci sono norme che rendono le procedure più snelle in tema di immigrazione. Si va dai nuovi CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) che vanno a sostituire i CIE (e che passano da 4 a 20), al taglio dei tempi d'esame per le domande d'asilo. Dalla semplificazione di una serie di procedure che riguardano le notifiche dei provvedimenti da parte delle forze di polizia ai migranti, allo stanziamento di 19 milioni di euro per l'esecuzione delle espulsioni. E’ stato inoltre inserito un provvedimento che lascia molti dubbi dal punto di vista giuridico.
Per le richieste di asilo si prevede infatti l’annullamento del secondo grado di giudizio in caso di negazione del diritto (resterebbe il solo ricorso in Cassazione e nemmeno nel merito). Insomma, il provvedimento inaugura iter più snelli per i rimpatri con l’obiettivo di costruire un sistema di cooperazione con i paesi di provenienza attraverso accordi bilaterali, come già fatto con la Libia, il Niger, il Sudan o la Tunisia.
Come si vede non è così semplice rimandare nei loro Paesi chi non ha il diritto di rimanere nel nostro territorio. Soprattutto per leggi, norme e Trattati approvati proprio da coloro che oggi pretendono soluzioni semplici a problemi complessi. Che anche quando non sono sbagliate, restano comunque difficili da mettere in pratica.
Johannes Bückler
19 Aprile 2017 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>> e qui >>>>>
Perché è così difficile rimandare a casa chi non ha il diritto di rimanere nel nostro Paese?” Vediamo di capire il perché. Prima di tutto gli irregolari possono essere espulsi solo dopo l’identificazione e il lasciapassare delle autorità consolari del Paese di origine. Quindi, poiché è praticamente impossibile farlo in tempi brevi, l’unico strumento di trattenimento per queste persone sono i cosiddetti CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Essendo pochi i posti, per tutti gli altri si applica un decreto legge, l’89/2011, approvato dal governo Berlusconi e dalla Lega Nord.
Fino ad allora il decreto di espulsione prevedeva l’accompagnamento forzato alla frontiera da parte delle autorità italiane. Quel decreto ha sostituito, all’espulsione forzata, l’allontanamento volontario da concordare con la persona espulsa a cui viene semplicemente dato un periodo di tempo entro cui lasciare l’Italia. L’espulsione forzata a oggi è prevista solamente in alcuni casi, decisa da un giudice in base alla pericolosità della persona in questione.
Concretamente, a migliaia di persone che le autorità italiane non ritengono pericolose, viene semplicemente consegnato un foglio che gli ordina di lasciare l’Italia, lasciando poi agli stessi la facoltà di ottemperare o meno a quell’ordine. Alla base di tutti questi problemi (creando una notevole disparità tra i Paesi che sono più facilmente raggiungibili rispetto ad altri,) c’è comunque il Trattato di Dublino che obbliga il primo Paese ospitante a trattenere i migranti e prenderne in carico l'istanza. Trattato di Dublino II, contenente quella norma, firmato dal Governo Berlusconi e dalla Lega Nord. Per cercare comunque di snellire le procedure di riconoscimento ed espulsione è stato approvato in questi giorni il decreto Minniti sul contrasto all’immigrazione illegale.
Al suo interno ci sono norme che rendono le procedure più snelle in tema di immigrazione. Si va dai nuovi CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) che vanno a sostituire i CIE (e che passano da 4 a 20), al taglio dei tempi d'esame per le domande d'asilo. Dalla semplificazione di una serie di procedure che riguardano le notifiche dei provvedimenti da parte delle forze di polizia ai migranti, allo stanziamento di 19 milioni di euro per l'esecuzione delle espulsioni. E’ stato inoltre inserito un provvedimento che lascia molti dubbi dal punto di vista giuridico.
Per le richieste di asilo si prevede infatti l’annullamento del secondo grado di giudizio in caso di negazione del diritto (resterebbe il solo ricorso in Cassazione e nemmeno nel merito). Insomma, il provvedimento inaugura iter più snelli per i rimpatri con l’obiettivo di costruire un sistema di cooperazione con i paesi di provenienza attraverso accordi bilaterali, come già fatto con la Libia, il Niger, il Sudan o la Tunisia.
Come si vede non è così semplice rimandare nei loro Paesi chi non ha il diritto di rimanere nel nostro territorio. Soprattutto per leggi, norme e Trattati approvati proprio da coloro che oggi pretendono soluzioni semplici a problemi complessi. Che anche quando non sono sbagliate, restano comunque difficili da mettere in pratica.
Johannes Bückler
19 Aprile 2017 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>> e qui >>>>>
Nessun commento:
Posta un commento