Un passo indietro
Giugno 1948
Il Ministro delle Finanze Ezio Vanoni ha ricevuto l’incarico di migliorare un sistema tributario antiquato. Un sistema costituito da numerose imposte che grava soprattutto sui ceti medi rispetto, per esempio, alla grande borghesia. Le imposte dirette sono solo ¼ delle entrate fiscali. E’ necessario commisurare l’imposta al reddito realizzato ed applicarla alla realtà.
Gennaio 1951
Legge 11 gennaio 1951, n. 25, detta anche legge Vanoni. E’ il primo atto legislativo di perequazione tributaria. Suo scopo è quello di instaurare, attraverso la dichiarazione, un nuovo clima nei rapporti con il fisco. La dichiarazione sarà annuale, analitica ed unica, e permetterà al fisco di conoscere la situazione complessiva del contribuente. La legge Vanoni ha inoltre disposto una nuova tabella di aliquote, che va da un minimo del 2% ad un massimo del 50%, riconoscendo al tempo stesso il minimo esente di 240.000 lire e la detrazione di 50.000 lire per ogni membro a carico del contribuente, incluso il coniuge.
Sabato 27 gennaio 1952
La sede dell’Ufficio Tributi del Comune di Roma si trova in via del Teatro di Marcello. Coincidenza vuole che si trovi a pochi metri dalla “Bocca della Verità”. Oggi è un giorno particolare, atteso da molti giornalisti. In base alla legge Vanoni, ogni comune è tenuto a rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi dei cittadini italiani. Tra poco quelle del 1951 che fanno riferimento ai redditi del 1950. I giornalisti però stanno aspettando soprattutto quelle dei politici. Troppo forte la tentazione di beccare qualche potente di turno in castagna.
Non sanno ancora quello che sta per accadere.
I corridoi del pianterreno dell’Ufficio Tributi sono affollatissimi. Oltre ai giornalisti ci sono molti cittadini comuni. Chiaro il loro intento. Sono lì perché vogliono conoscere le cifre dichiarate da amici e conoscenti. La curiosità è enorme.
Si inizia.
Per i giornalisti la caccia ai redditi delle varie personalità, della nobiltà, dello spettacolo, ma quando arrivano alla parte riguardante i politici qualcosa non torna.
Il primo nome è quello del Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, tra i primi a consegnare la dichiarazione dei redditi. Il Capo dello Stato ha dichiarato per l’anno 1950 una cifra pari a 1.259.000 . Subito dopo Einaudi con lire 1.290.000, Campilli con 8.337.125 e Merzagora con 6.500.000. Il senatore Mario Cingolani 1.328.425 e il senatore Giorgio Tupini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio 1.940.000.
Prime perplessità: il ministro Vanoni ha dichiarato solo 181.300 lire. De Gasperi ancora meno, 108.000 lire. E poi? Niente. Non ci sono tracce di altri politici. Tutti gli altri non hanno dichiarato redditi.
Dove sono i redditi di Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Mario Scelba, Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio, Renato Angiolillo, Mauro Scoccimarro, Randolfo Pacciardi, Giuseppe Saragat? Tutti nullatenenti? Impossibile. Per stare sui banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama lo Stato corrisponde loro 250.000 lire mensili quindi 3.000.000 di lire annui. Ministri e sottosegretari ricevono un’indennità ancora maggiore. Perché allora i maggiori esponenti politici italiani non hanno dichiarato nulla? Il mistero viene svelato quasi subito.
Quasi tutti i politici non hanno dichiarato redditi nel 1950 grazie ad una legge fascista del 30 novembre 1929. Mentre la dittatura cancellava tutte le libertà, il ministro delle Finanze del governo guidato da Benito Mussolini, Antonio Mosconi, stabiliva che le indennità parlamentari fossero esenti dal prelievo fiscale.
La dittatura è finita, ma si sono tenuti questo privilegio. Non pagare le tasse sfruttando una legge fascista. Una legge non solo mai abrogata (come era successo alle altre) ma addirittura ribadita con la legge n. 1102 del 9/08/1948. Con 338 voti favorevoli, 37 contrari e 2 astenuti.
Diversi i tentativi di cancellare la legge n. 1102 del 9/08/1948.
13 Marzo 1952
Proposta di legge del deputato Rodolfo Vicentini (DC) per la cancellazione dell’art. 3 della legge n. 1102 del 9/08/1948.
Ma qualcuno non è d’accordo. Russo Perez per esempio : Leggi >>>>>
27/01/1954.
Altra proposta di Vicentini. Ma non se ne fa niente. Leggi >>>>>
1958
E poi ancora. Flavio Orlandi (PSDI). Leggi >>>>>
Troppi i cassetti negli edifici del Parlamento. Le proposte di legge spariscono.
1962
Malagodi del PLI ritrova la proposta di legge Vicentini e la ripropone in Parlamento. Ma ad aprile si vota. Viene riposta nel cassetto.
1963
Giuseppe Amadei (PSDI) la ritrova e la ripropone più articolata. Ma sparisce in un altro cassetto.
1965
Con l’opinione pubblica sempre più arrabbiata finalmente la legge n. 1102 del 9/08/1948 viene cancellata con la legge 31 ottobre 1965, n. 1261
Però non esageriamo…
Sempre per non esagerare nello stesso giorno si aumentarono l’indennità parlamentare da 500.000 lire mensili nette a 800.000 lire lorde (750.000 nette).
Della serie,“calma con i facili entusiami”.
Sì, Mussolini ha fatto anche delle cose buone. Insomma...
Johannes Bückler
Giugno 1948
Il Ministro delle Finanze Ezio Vanoni ha ricevuto l’incarico di migliorare un sistema tributario antiquato. Un sistema costituito da numerose imposte che grava soprattutto sui ceti medi rispetto, per esempio, alla grande borghesia. Le imposte dirette sono solo ¼ delle entrate fiscali. E’ necessario commisurare l’imposta al reddito realizzato ed applicarla alla realtà.
Gennaio 1951
Legge 11 gennaio 1951, n. 25, detta anche legge Vanoni. E’ il primo atto legislativo di perequazione tributaria. Suo scopo è quello di instaurare, attraverso la dichiarazione, un nuovo clima nei rapporti con il fisco. La dichiarazione sarà annuale, analitica ed unica, e permetterà al fisco di conoscere la situazione complessiva del contribuente. La legge Vanoni ha inoltre disposto una nuova tabella di aliquote, che va da un minimo del 2% ad un massimo del 50%, riconoscendo al tempo stesso il minimo esente di 240.000 lire e la detrazione di 50.000 lire per ogni membro a carico del contribuente, incluso il coniuge.
Sabato 27 gennaio 1952
La sede dell’Ufficio Tributi del Comune di Roma si trova in via del Teatro di Marcello. Coincidenza vuole che si trovi a pochi metri dalla “Bocca della Verità”. Oggi è un giorno particolare, atteso da molti giornalisti. In base alla legge Vanoni, ogni comune è tenuto a rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi dei cittadini italiani. Tra poco quelle del 1951 che fanno riferimento ai redditi del 1950. I giornalisti però stanno aspettando soprattutto quelle dei politici. Troppo forte la tentazione di beccare qualche potente di turno in castagna.
Non sanno ancora quello che sta per accadere.
I corridoi del pianterreno dell’Ufficio Tributi sono affollatissimi. Oltre ai giornalisti ci sono molti cittadini comuni. Chiaro il loro intento. Sono lì perché vogliono conoscere le cifre dichiarate da amici e conoscenti. La curiosità è enorme.
Si inizia.
Per i giornalisti la caccia ai redditi delle varie personalità, della nobiltà, dello spettacolo, ma quando arrivano alla parte riguardante i politici qualcosa non torna.
Il primo nome è quello del Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, tra i primi a consegnare la dichiarazione dei redditi. Il Capo dello Stato ha dichiarato per l’anno 1950 una cifra pari a 1.259.000 . Subito dopo Einaudi con lire 1.290.000, Campilli con 8.337.125 e Merzagora con 6.500.000. Il senatore Mario Cingolani 1.328.425 e il senatore Giorgio Tupini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio 1.940.000.
Prime perplessità: il ministro Vanoni ha dichiarato solo 181.300 lire. De Gasperi ancora meno, 108.000 lire. E poi? Niente. Non ci sono tracce di altri politici. Tutti gli altri non hanno dichiarato redditi.
Dove sono i redditi di Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Mario Scelba, Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio, Renato Angiolillo, Mauro Scoccimarro, Randolfo Pacciardi, Giuseppe Saragat? Tutti nullatenenti? Impossibile. Per stare sui banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama lo Stato corrisponde loro 250.000 lire mensili quindi 3.000.000 di lire annui. Ministri e sottosegretari ricevono un’indennità ancora maggiore. Perché allora i maggiori esponenti politici italiani non hanno dichiarato nulla? Il mistero viene svelato quasi subito.
Quasi tutti i politici non hanno dichiarato redditi nel 1950 grazie ad una legge fascista del 30 novembre 1929. Mentre la dittatura cancellava tutte le libertà, il ministro delle Finanze del governo guidato da Benito Mussolini, Antonio Mosconi, stabiliva che le indennità parlamentari fossero esenti dal prelievo fiscale.
La dittatura è finita, ma si sono tenuti questo privilegio. Non pagare le tasse sfruttando una legge fascista. Una legge non solo mai abrogata (come era successo alle altre) ma addirittura ribadita con la legge n. 1102 del 9/08/1948. Con 338 voti favorevoli, 37 contrari e 2 astenuti.
Diversi i tentativi di cancellare la legge n. 1102 del 9/08/1948.
13 Marzo 1952
Ma qualcuno non è d’accordo. Russo Perez per esempio : Leggi >>>>>
27/01/1954.
Altra proposta di Vicentini. Ma non se ne fa niente. Leggi >>>>>
1958
E poi ancora. Flavio Orlandi (PSDI). Leggi >>>>>
Troppi i cassetti negli edifici del Parlamento. Le proposte di legge spariscono.
1962
Malagodi del PLI ritrova la proposta di legge Vicentini e la ripropone in Parlamento. Ma ad aprile si vota. Viene riposta nel cassetto.
1963
Giuseppe Amadei (PSDI) la ritrova e la ripropone più articolata. Ma sparisce in un altro cassetto.
1965
Con l’opinione pubblica sempre più arrabbiata finalmente la legge n. 1102 del 9/08/1948 viene cancellata con la legge 31 ottobre 1965, n. 1261
Però non esageriamo…
Sempre per non esagerare nello stesso giorno si aumentarono l’indennità parlamentare da 500.000 lire mensili nette a 800.000 lire lorde (750.000 nette).
Della serie,“calma con i facili entusiami”.
Sì, Mussolini ha fatto anche delle cose buone. Insomma...
Johannes Bückler
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