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martedì 18 agosto 2015

Quando ad essere deportata era una principessa.


18 ottobre 1943 
Lei non avrebbe mai immaginato. Di arrivare a Buchenwald intendo. Dopo essere passata per il campo di smistamento a Bolzano era finita sulle colline dell'Ettersberg, a circa otto chilometri da Weimar, nella regione della Turingia, nella Germania orientale. Eppure è lì, davanti a quel cancello in ferro con la scritta “Jedem das Seine”, “A ciascuno il suo”. Suo chi, suo che cosa? Che diavolo vuol dire? Basta aspettare. Per capire cosa significa essere arrivati all’inferno: l’inferno del campo di concentramento di Buchenwald.

Lei, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, principessa d’Italia, Etiopia e d’Albania. Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro. Mafalda, che nei primi tempi aveva persino ammirato Hitler che, per i suoi quattro figli, le aveva conferito la croce al merito (come a tutte le mamme con numerosa prole). Di quello ne andava persino orgogliosa.

Lei, che si era sposata il 23 settembre 1925 con il principe tedesco Filippo, Langravio d'Assia-Kassel, figlio del Langravio Federico Carlo d'Assia-Kassel.

Maledetto viaggio. Se non fosse partita per Sofia, a fine agosto, le cose sarebbero andate diversamente. Dopo la destituzione di Mussolini, l'affidamento del governo a Badoglio e la firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi volevano arrestare tutti i regnanti d’Italia. Per questo Vittorio Emanuele ed Elena, lo stesso Badoglio, erano fuggiti al Sud, lasciando il Paese nel caos. Lei invece era dovuta partire per Sofia, per dare una mano alla sorella Giovanna, il cui marito, Boris di Bulgaria, era in fin di vita. Era morto dopo quattro giorni e lei, venuta a conoscenza di quello che sta accadendo in Italia,era ripartita per raggiungere i suoi figli. Era passata dalla Romania, poi l’arrivo a Bari e da lì a Chieti Scalo. E la corsa in Vaticano dove aveva potuto riabbracciare i suoi figli custoditi da un certo Cardinal Montini (in seguito Paolo VI).
E poi quella dannata telefonata dall’ufficio di Kappler. Il marito, che è in Germania, vuole parlare con lei. Una trappola. E l’arresto.

La baracca è la numero 15. Una baracca destinata agli “ospiti di riguardo”. E’ ai limiti del campo e dentro c’è solo una coppia, un ex deputato socialdemocratico tedesco ex ministro Brenschiel e sua moglie. Nessuno deve sapere il suo vero nome. Da oggi, le hanno detto, dovrà chiamarsi frau von Weber. La vita al campo è durissima.
E’ vero, la baracca è riservata a prigionieri particolari e il vitto è quello delle SS (leggermente migliore di quello che ricevono gli altri prigionieri), ma lei era andata a quella telefonata con un vestitino nero e quello ha indosso.
Il freddo è intenso, ma le sue richieste di vestiti e biancheria vengono sempre sempre negate. Per scherno i secondini ora la chiamano Madame Abeba.

(Il campo di concentramento di Buchenwald era inizialmente destinato agli oppositori politici del regime nazista, ai pregiudicati recidivi ed ai cosiddetti antisociali, agli ebrei, ai testimoni di Geova ed agli omosessuali. Con l’inizio della seconda guerra mondiale vi vennero introdotti sempre più stranieri). 

Malgrado i divieti, la notizia si è diffusa tra i prigionieri italiani del campo: la figlia del Re si trova a Buchenwald. Alcuni Italiani cercano di aiutarla. Si sa che mangia pochissimo e che quando può, quel poco che le arriva in più, lo offre a chi ha più bisogno di lei. E lei continua a deperire. Ormai è pelle e ossa. La principessa ha occasione di conoscere un prigioniero italiano, il sardo Leonardo Bovini, addetto allo scavo di una trincea antiaerea all'interno del recinto della baracca dove Mafalda è tenuta prigioniera. (Sarà lui a dare la notizia della presenza della Principessa di Savoia).

Alcuni detenuti vengono utilizzati come manodopera per gli stabilimenti della BMW, in particolare quello di Eisenach e Abteroda. I "beneficiari" del lavoro forzato dei denutriti "uomini a strisce blu" non si oppongono alle pratiche terroristiche delle SS.
Il campo di Buchenwald è famoso ormai. Famoso per le sue pratiche e per la sua ferocia. Chi non conosce Ilse Koch, la moglie del comandante del campo Karl Koch.
(A Ilse Koch, per la sua ferocia, fu attribuito il soprannome “la cagna di Buchenwald”).

Nel campo i medici nazisti fanno esperimenti medici di ogni genere.
(Nel blocchi 46 e 50 furono effettuati molti esperimenti. Il medico danese Carl Peter Vaernet provò persino a impiantare massicce dosi di testosterone su deportati omosessuali alla ricerca di una "cura" per renderli eterosessuali . Non si conosce il numero delle vittime di questi esperimenti.)

24 agosto 1944 
Buchenwald è stata bombardata dagli alleati anglo-americani. Anche il campo viene colpito. Gli occupanti si sono rifugiati nelle trincee che circondano le baracche. Ma non basta. Mafalda viene colpita da un’esplosione. Ha bruciature ovunque, contusioni e il braccio sinistro è maciullato. Viene trasportata nella camera di tolleranza del Campo trasformata provvisoriamente in lazzaretto. Ricoverata, ma senza cure, Mafalda peggiora. Insorge la cancrena e si decide di amputarle il braccio. Dopo quattro giorni di tormenti, per le piaghe infette, la decisione. Lo fa un medico capo delle SS Gerhard Schiedlausky (poi condannato a morte dal tribunale militare di Amburgo e giustiziato per impiccagione nel 1948) perché nessuno deve avere contatti con i prigionieri. L’operazione viene eseguita in un modo che dire inadeguato è dire poco. Ancora addormentata, Mafalda viene riportata nel letto e qui lasciata senza altre cure. Al mattino seguente Mafalda di Savoia muore dissanguata. Ha solo 42 anni.

(Qualcuno ritiene che sia stata operata volutamente in ritardo e in quel modo proprio per provocarne la morte. Probabile. Quel sistema di eliminazione veniva usato molto spesso nel campo.)

La salma della principessa non è stata bruciata come accade normalmente quando muore qualcuno nel campo, ma messa in una cassa nera di legno e deposta nel reparto d'onore riservato ai caduti in guerra nella fossa comune 262 delle Ss.

Alcuni prigionieri italiani riuscirono a ritrovare la tomba. Ora Mafalda riposa in un piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg vicino a Francoforte.

Molti si chiederanno: perché il re non ha avvertito la figlia del pericolo imminente? Non si sa. Probabilmente troppo impegnati a scappare, forse per una mancanza di coordinazione. In realtà una volta giunta al confine qualcuno l’avvisò di quello che stava accadendo in Italia, ma era sposata con un principe tedesco e forse si fidava proprio di questo. 

11 aprile 1945 
Gli americani hanno raggiunto la zona. Le SS sono fuggite, ed i prigionieri stessi liberano il campo organizzando un sistema di autogestione interna.
Quello che videro in quel campo fu qualcosa che sconvolse tutti. Come era potuto accadere? E come gli abitanti di Weimar avevano potuto accettare tutto questo? 
16 aprile 1945 
Un'ordinanza del comandante americano costringe i mille cittadini di Weimar a visitare il campo. Devono vedere tutto l'orrore. E rimangono sconvolti.

In totale furono internati in quel campo di concentramento circa 250.000 uomini provenienti da tutti i paesi europei. Il numero totale delle vittime è stimato in circa 56.000, di cui 11.000 ebrei. 
Il giornalista Edward R. Murrow raccontò cosa vide in quel campo. Lo raccontò alla radio. Concluse il suo intervento con queste parole:” .... Se vi ho sconvolto, con questa cronaca di Buchenwald, non me ne scuso.”

Dopo la concessione del territorio alla DDR, Buchenwald fu riaperto tra il 1945 ed il 1950 dal governo sovietico e amministrato come “campo speciale” per oppositori dello stalinismo ed ex-nazisti. Morirono 7.100 persone. Demolito nel 1950, furono lasciati intatti il cancello principale, il forno crematorio, l'ospedale interno, e due torri di guardia.

"Leggete, studiate la storia, il passato. Perchè chi conosce il passato non può aver paura del presente. Per quanto brutto possa essere".

Johannes Bückler


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