venerdì 28 agosto 2015

Convegno degli industriali a Bergamo


A Bergamo, per iniziativa della Camera di Commercio, si è tenuto al Teatro Donizetti un convegno delle forze produttive del Paese. Ben settecentocinquanta gli imprenditori intervenuti in rappresentanza di miliardi di capitali investiti e milioni di operai.
A prendere la parola per primo è stato il Cav. Ambiveri, della Camera di Commercio di Bergamo, che ha salutato i presenti.
Subito dopo, l’Onorevole Candiani, che nel frattempo è stato eletto presidente, ha iniziato il suo discorso puntando il dito sulla “necessità che il Governo per una volta si scuota e prenda sollecitamente tutti quei provvedimenti necessari all’industria che sono poi necessari alla ricchezza nazionale”.
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Un linguaggio acceso e severo contro un Governo incapace, secondo l’Onorevole, di fare leggi buone e giuste a favore delle imprese. Di più. Non mantiene le promesse, impedisce con i suoi vincoli il movimento a coloro che avrebbero voglia di agire, fa perdere quei mercati che gli industriali italiani sono riusciti a conquistare, accolla sempre nuovi oneri alle industrie, mentre le riduce all'insolvenza non pagando i debiti dovuti. Di questo passo, aggiunge, porterà al collasso il Paese.

Accesi anche i toni del comm. Brambilla, Presidente della Camera di Commercio di Como che, a nome degli industriali lombardi, chiede al governo di poter lavorare senza inciampi.

Il comm. Vanzetti di Milano è lieto che al governo ci siano almeno tre persone sulle quali fare affidamento. Sono Conti, Stringher e Caviglia. L’assembla si associa al plauso. Termina il suo intervento chiedendo agli industriali di fare un accordo con le classi operaie le quali, in questo momento critico del paese, devono unirsi alle imprese per poter scuotere il Governo. Industriali ed operai sono capaci di intendersi tra di loro, come si fa tra gente che lotta e che rischia.

Il convegno prosegue inesorabile e incalzante, anche se in modo abbastanza disordinato.

“Il governo consiglia agli agricoltori di intensificare la produzione, ma come vuolsi che il consiglio sia seguito, se mancano i trasporti, fanno difetto i concimi chimici, e calmieri e divieti ancora vietano di vendere la propria merce al più alto prezzo possibile?”

"Gli impiegati ed i pensionati si lamentano dell'insufficienza degli stipendi e delle pensioni? E come risponde il governo? Inventando istituti dei consumi, grazie a cui magistrati, professori, segretari di prefettura, postelegrafici perderanno il proprio tempo ad annusar formaggi e a negoziar merluzzi, facendo perdere, per la propria incompetenza invincibile, denaro al tesoro, creando una nuova guardia del corpo ai ministri inventori del bel congegno e distogliendo forze ai servizi pubblici, che sarebbe esclusivo dovere di quegli impiegati di far procedere con zelo e con efficacia.”

“Impiegati e persone provviste di reddito fisso si spaventano di un possibile rincaro dei fitti? La sapienza governativa non trova altro miglior rimedio che sovraccaricare i proprietari di case di nuovi balzelli sperequati e impedir loro un parziale adattamento delle pigioni al diminuito valore della moneta; sicché l'industria edilizia, la quale oggi potrebbe dare lavoro a falangi di lavoratori, dopo quattro anni di arresto, non osa investire capitali e si provoca la rarefazione delle case.”

C’è chi invita il governo a dare piena libertà alle industrie lasciando perdere la creazione di monopoli che alla fine non saprebbe come amministrare.
Tutto perché a Roma ci sono burocrati che spadroneggiano, convinti che nel loro cervello ci sia solo sapienza. Invece devono capire che sono niente di fronte al più umile di loro, che rischia quotidianamente lavoro e risparmio nello loro intraprese. Questi burocrati orgogliosi sono stati a lungo sopportati. Ritorni ognuno a fare il proprio mestiere.
Calmati gli animi si passa all'ordine del giorno. Alcuni punti.
* Si richiama il governo alla necessità di riorganizzare senza ritardo il servizio dei trasporti.
* Si sollecita il Governo a inspirare la politica finanziaria dello Stato ad intenti più conformi alle necessità del momento, tenendo conto che colpire i mezzi di produzione inaridisce ed estingue la ricchezza del Paese.
* Lo Stato non sottragga rami di attività che, affidate ai singoli, possono convertirsi in cospicue finti di ricchezza perennemente feconde.
* Si chiede inoltre al Governo di evitare assolutamente la creazione di nuovi organismi burocratici dei quali, non in alcun guisa, si è sentita la necessità.

L’ordine del giorno viene messo ai voti. Approvato all'unanimità.

Addì, 30 gennaio 1919  - Bergamo

Johannes Bückler

31 gennaio 1919 - La Stampa -  >>>>>

mercoledì 19 agosto 2015

Mafie, segnali da non ignorare.

Roberto Saviano su Repubblica ha accusato la nostra terra di omertà.
Scrive: “Bergamo fa finta di niente, ma c'è una notizia importante che la riguarda da vicino”. La notizia in questione è l’arresto del bergamasco Pasquale Claudio Locatelli, re del narcotraffico, “uomo di riferimento dei sudamericani nel Vecchio Continente, proprietario di un'intera flotta di navi per il traffico internazionale di droga”.
Il sindaco Gori è subito intervenuto in difesa della nostra gente ricordando a Saviano che: “L’aver dato i natali a un bandito non è una ragione sufficiente per tacciare di omertà un intero territorio”.
Giusto, generalizzare non è mai buona cosa, ma meglio tenere gli occhi bene aperti e soprattutto non ignorare il problema. Che purtroppo esiste.
Nella “Relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari” del 1994 si poteva già leggere: “La provincia di Bergamo è ritenuta, dagli esponenti della criminalità, una zona di transito piuttosto sicura, che offre ampie possibilità di mimetizzazione. In particolare, le valli sono facilmente accessibili (sono frequentate intensamente soltanto nel periodo delle vacanze) ed è, quindi, agevole affittare delle abitazioni dove trattare affari o impiantare raffinerie” Nel 1994.
Da allora è passata molta acqua sotto i ponti e le cronache giudiziarie hanno dimostrato che la criminalità organizzata ha ormai basi consolidate anche qui. Per esempio l’operazione 'Nduja, che ha riguardato una locale di ndrangheta (con elementi anche bergamaschi) che controllava una vasta area compresa fra Brescia e Bergamo.
A rendere preoccupante quella vicenda non sono state solo le attività illegali, ma come hanno riferito i giudici: “Nessuna delle persone offese si è costituita parte civile o ha presenziato il dibattimento. Sono anzi apparse fortemente intimorite e qualcuno ha anche cercato di ridimensionare i fatti o ha addirittura reso dichiarazione mendace”.
Lo stesso “Rapporto sulle aree settentrionali per la Presidenza della Commissione parlamentare d’inchiesta del fenomeno mafioso”, a cura dell'Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell'Università degli Studi di Milano, scrive che a Bergamo si rileva :“un'apprezzabile presenza della camorra, che opera, in particolare, in attività commerciali”.
Troppi fatti indicano che la nostra terra non è certo immune da questo cancro e la scoperta dell’uomo chiave della cosca dei Bellocco che aveva casa a Bergamo nella centralissima XX Settembre è lì a dimostrarlo.
Eppure, caro Saviano, Bergamo non si può definire una terra omertosa e in tema di criminalità organizzata non si può certo assimilare ad altre zone del Paese. Ma, caro sindaco, se la politica continuerà ad ignorare il malaffare che sta pian piano infiltrandosi nel tessuto sociale della nostra terra, mi chiedo ancora per quanto.

Johannes Bückler

19 Agosto 2015 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

martedì 18 agosto 2015

Quando ad essere deportata era una principessa.


18 ottobre 1943 
Lei non avrebbe mai immaginato. Di arrivare a Buchenwald intendo. Dopo essere passata per il campo di smistamento a Bolzano era finita sulle colline dell'Ettersberg, a circa otto chilometri da Weimar, nella regione della Turingia, nella Germania orientale. Eppure è lì, davanti a quel cancello in ferro con la scritta “Jedem das Seine”, “A ciascuno il suo”. Suo chi, suo che cosa? Che diavolo vuol dire? Basta aspettare. Per capire cosa significa essere arrivati all’inferno: l’inferno del campo di concentramento di Buchenwald.

Lei, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, principessa d’Italia, Etiopia e d’Albania. Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro. Mafalda, che nei primi tempi aveva persino ammirato Hitler che, per i suoi quattro figli, le aveva conferito la croce al merito (come a tutte le mamme con numerosa prole). Di quello ne andava persino orgogliosa.

Lei, che si era sposata il 23 settembre 1925 con il principe tedesco Filippo, Langravio d'Assia-Kassel, figlio del Langravio Federico Carlo d'Assia-Kassel.

Maledetto viaggio. Se non fosse partita per Sofia, a fine agosto, le cose sarebbero andate diversamente. Dopo la destituzione di Mussolini, l'affidamento del governo a Badoglio e la firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi volevano arrestare tutti i regnanti d’Italia. Per questo Vittorio Emanuele ed Elena, lo stesso Badoglio, erano fuggiti al Sud, lasciando il Paese nel caos. Lei invece era dovuta partire per Sofia, per dare una mano alla sorella Giovanna, il cui marito, Boris di Bulgaria, era in fin di vita. Era morto dopo quattro giorni e lei, venuta a conoscenza di quello che sta accadendo in Italia,era ripartita per raggiungere i suoi figli. Era passata dalla Romania, poi l’arrivo a Bari e da lì a Chieti Scalo. E la corsa in Vaticano dove aveva potuto riabbracciare i suoi figli custoditi da un certo Cardinal Montini (in seguito Paolo VI).
E poi quella dannata telefonata dall’ufficio di Kappler. Il marito, che è in Germania, vuole parlare con lei. Una trappola. E l’arresto.

La baracca è la numero 15. Una baracca destinata agli “ospiti di riguardo”. E’ ai limiti del campo e dentro c’è solo una coppia, un ex deputato socialdemocratico tedesco ex ministro Brenschiel e sua moglie. Nessuno deve sapere il suo vero nome. Da oggi, le hanno detto, dovrà chiamarsi frau von Weber. La vita al campo è durissima.
E’ vero, la baracca è riservata a prigionieri particolari e il vitto è quello delle SS (leggermente migliore di quello che ricevono gli altri prigionieri), ma lei era andata a quella telefonata con un vestitino nero e quello ha indosso.
Il freddo è intenso, ma le sue richieste di vestiti e biancheria vengono sempre sempre negate. Per scherno i secondini ora la chiamano Madame Abeba.

(Il campo di concentramento di Buchenwald era inizialmente destinato agli oppositori politici del regime nazista, ai pregiudicati recidivi ed ai cosiddetti antisociali, agli ebrei, ai testimoni di Geova ed agli omosessuali. Con l’inizio della seconda guerra mondiale vi vennero introdotti sempre più stranieri). 

Malgrado i divieti, la notizia si è diffusa tra i prigionieri italiani del campo: la figlia del Re si trova a Buchenwald. Alcuni Italiani cercano di aiutarla. Si sa che mangia pochissimo e che quando può, quel poco che le arriva in più, lo offre a chi ha più bisogno di lei. E lei continua a deperire. Ormai è pelle e ossa. La principessa ha occasione di conoscere un prigioniero italiano, il sardo Leonardo Bovini, addetto allo scavo di una trincea antiaerea all'interno del recinto della baracca dove Mafalda è tenuta prigioniera. (Sarà lui a dare la notizia della presenza della Principessa di Savoia).

Alcuni detenuti vengono utilizzati come manodopera per gli stabilimenti della BMW, in particolare quello di Eisenach e Abteroda. I "beneficiari" del lavoro forzato dei denutriti "uomini a strisce blu" non si oppongono alle pratiche terroristiche delle SS.
Il campo di Buchenwald è famoso ormai. Famoso per le sue pratiche e per la sua ferocia. Chi non conosce Ilse Koch, la moglie del comandante del campo Karl Koch.
(A Ilse Koch, per la sua ferocia, fu attribuito il soprannome “la cagna di Buchenwald”).

Nel campo i medici nazisti fanno esperimenti medici di ogni genere.
(Nel blocchi 46 e 50 furono effettuati molti esperimenti. Il medico danese Carl Peter Vaernet provò persino a impiantare massicce dosi di testosterone su deportati omosessuali alla ricerca di una "cura" per renderli eterosessuali . Non si conosce il numero delle vittime di questi esperimenti.)

24 agosto 1944 
Buchenwald è stata bombardata dagli alleati anglo-americani. Anche il campo viene colpito. Gli occupanti si sono rifugiati nelle trincee che circondano le baracche. Ma non basta. Mafalda viene colpita da un’esplosione. Ha bruciature ovunque, contusioni e il braccio sinistro è maciullato. Viene trasportata nella camera di tolleranza del Campo trasformata provvisoriamente in lazzaretto. Ricoverata, ma senza cure, Mafalda peggiora. Insorge la cancrena e si decide di amputarle il braccio. Dopo quattro giorni di tormenti, per le piaghe infette, la decisione. Lo fa un medico capo delle SS Gerhard Schiedlausky (poi condannato a morte dal tribunale militare di Amburgo e giustiziato per impiccagione nel 1948) perché nessuno deve avere contatti con i prigionieri. L’operazione viene eseguita in un modo che dire inadeguato è dire poco. Ancora addormentata, Mafalda viene riportata nel letto e qui lasciata senza altre cure. Al mattino seguente Mafalda di Savoia muore dissanguata. Ha solo 42 anni.

(Qualcuno ritiene che sia stata operata volutamente in ritardo e in quel modo proprio per provocarne la morte. Probabile. Quel sistema di eliminazione veniva usato molto spesso nel campo.)

La salma della principessa non è stata bruciata come accade normalmente quando muore qualcuno nel campo, ma messa in una cassa nera di legno e deposta nel reparto d'onore riservato ai caduti in guerra nella fossa comune 262 delle Ss.

Alcuni prigionieri italiani riuscirono a ritrovare la tomba. Ora Mafalda riposa in un piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg vicino a Francoforte.

Molti si chiederanno: perché il re non ha avvertito la figlia del pericolo imminente? Non si sa. Probabilmente troppo impegnati a scappare, forse per una mancanza di coordinazione. In realtà una volta giunta al confine qualcuno l’avvisò di quello che stava accadendo in Italia, ma era sposata con un principe tedesco e forse si fidava proprio di questo. 

11 aprile 1945 
Gli americani hanno raggiunto la zona. Le SS sono fuggite, ed i prigionieri stessi liberano il campo organizzando un sistema di autogestione interna.
Quello che videro in quel campo fu qualcosa che sconvolse tutti. Come era potuto accadere? E come gli abitanti di Weimar avevano potuto accettare tutto questo? 
16 aprile 1945 
Un'ordinanza del comandante americano costringe i mille cittadini di Weimar a visitare il campo. Devono vedere tutto l'orrore. E rimangono sconvolti.

In totale furono internati in quel campo di concentramento circa 250.000 uomini provenienti da tutti i paesi europei. Il numero totale delle vittime è stimato in circa 56.000, di cui 11.000 ebrei. 
Il giornalista Edward R. Murrow raccontò cosa vide in quel campo. Lo raccontò alla radio. Concluse il suo intervento con queste parole:” .... Se vi ho sconvolto, con questa cronaca di Buchenwald, non me ne scuso.”

Dopo la concessione del territorio alla DDR, Buchenwald fu riaperto tra il 1945 ed il 1950 dal governo sovietico e amministrato come “campo speciale” per oppositori dello stalinismo ed ex-nazisti. Morirono 7.100 persone. Demolito nel 1950, furono lasciati intatti il cancello principale, il forno crematorio, l'ospedale interno, e due torri di guardia.

"Leggete, studiate la storia, il passato. Perchè chi conosce il passato non può aver paura del presente. Per quanto brutto possa essere".

Johannes Bückler