martedì 24 febbraio 2015

Le corporazioni hanno vinto?


Quante volte avete sentito parlare della casta dei politici e dei loro privilegi. Se pensate che quella politica sia “la casta” più importante, praticamente intoccabile, vi sbagliate. 
Col tempo, anche grazie allo sdegno dei cittadini, i politici hanno perso molti dei loro privilegi. Esistono invece caste che nessuno è mai riuscito a scalfire.
Chi ci ha provato ha trovato una muraglia invalicabile e una difesa a denti stretti dei suoi occupanti. Migliaia di cittadini pronti a tutto pur di difendere le loro rendite di posizione.

Di queste caste ne scrisse su La Stampa un grande giornalista, Vittorio Gorresio.

Martedì 8 Gennaio 1974 - Le corporazioni hanno vinto? 

Chi sa perché i fascisti fanno tanto le vittime, quando l'Italia, che fino dal 1926 essi auspicavano corporativa, corporativa è diventata e corporativamente si dibatte, disputa e stagna. Purtroppo la loro vittoria è una sconfitta della nazione, perché ha sbrigliato impulsi negativi battendo in campo aperto i partiti politici e i sindacati, il Parlamento e il governo, tutta la classe dirigente nel suo insieme.
Gli stessi gruppettari fanno ridere, vocianti e inoperanti come sono: l'Italia è una repubblica fondata sui privilegi corporativi, propugnati e difesi con tenacia, coerenza ed efficienza.

I veri gruppuscoli sono quelli corporativi, che di politico o ideologico non hanno nulla. La penultima settimana dello scorso dicembre mi sono trovato a Roma in Piazza Colonna, pressoché sequestrato da un'accolta di autonoleggiatori che stavano manifestando contro gli autisti di tassì.
Essi volevano che nella mia qualità di giornalista io salissi le scale di Palazzo Chigi a perorare la loro causa presso l'onorevole Rumor presidente del Consiglio. Come fare; e d'altra parte avrei rischiato di inimicarmi un'altra corporazione, quella dei tassinari.

Nella stessa mattina, Piazza del Popolo era occupata dai cosiddetti parasanitari (odontotecnici, chiroterapisti, agopuntori, callisti, preparatori clinici, eccetera) e in Piazza Santi Apostoli era annunciata una riunione dei maestri — non professionisti — di scherma.
Fu una giornata che i cronisti dovettero registrare con un segno nero, perché conclusa con il ferimento dello stesso questore di Roma — bastonato per errore da agenti della Celere — e con l'oltraggio a un commissario di polizia, schiaffeggiato — a quanto sembra — da un vivace deputato del msi-destra nazionale. Comunque, una fotografia che ci hanno dato, mostra il povero commissario prostrato a terra e quasi in lacrime per l'ingiuria patita. E' democrazia?

I corporativi d'Italia sono difatti intraprendenti più dei lavoratori metalmeccanici — tanto per fare un paragone — e per la loro aggressività stradale possono anche determinare stati di confusione fra gli addetti ai servizi dell'ordine pubblico. Corporativi, d'altra parte, siamo tutti, a cominciare da noi giornalisti. Corporativi sono gli esercenti le cosiddette professioni liberali, dagli avvocati ai medici, dagli insegnanti ai notai.
Corporativi gli intellettuali, che si organizzano in sindacati scrittori esigenti tutele e privilegi quali non attribuisce né ha attribuito mai nessuno degli Stati totalitari conosciuti nella storia, non il fascista né il nazista, né alcun altro regime dei Paesi socialisti.
Dovrebbe invece riconoscerli l'Italia democratica sorta dalla Resistenza, fondata sul lavoro.
« Questa è democrazia? », mi domandavano in Piazza Colonna gli autonoleggiatori che mi tenevano sequestrato finché non fossi andato a parlare di loro con l'onorevole Mariano Rumor.

Democrazia, nella corrente accezione, sarebbe il metodo per il quale ogni categoria di mestiere ha il « diritto » di sopraffare le pretese dei concorrenti. Democrazia fondata sul concetto di casta: la casta dei macellai, della quale a Roma non si entra a far parte se non si è figli di macellaio; dei farmacisti, dei panificatori, tutte caste chiuse, inaccessibili e rivendicative, l'una nemica di tutte le altre.
Gli autonoleggiatori, per esempio, oltre a inveire contro i tassinari mi dicevano male dei fiorai che sarebbero i servi dei capitalisti, dei ricchi, dei signori. Si continua a parlare delle malefatte dei partiti, delle correnti, dei sindacati. Poveracci, per quanto depravati siano non sono certamente questi gli organismi che comandano, che hanno un reale potere nella società italiana.
Sentiamo spesso deprecare la « politica » che in quanto tale sporcifìca e marcifica tutto; ma noi viviamo in un Paese nel quale la politica non conta nulla, non determina niente, non esiste, è del tutto ignorata in quanto regola di convivenza, di solidarietà civica, di visione globale dei problemi.

Anche i postini si sentono in credito nei confronti della società, che peraltro essi servono male; e così gli uscieri degli uffici pubblici; e quando il contagio avrà raggiunto i ferrovieri non ci sarà più un treno che non diciamo — alla fascista — arrivi in orario, ma che soltanto parta, puntuale o no. Paghino loro In ogni modo, corporativamente, la questione degli autonoleggiatori è stata poi regolata grazie all'intervento di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il senatore democristiano di Alba, Adolfo Sarti, che è un veterano del maneggio degli affari poiché pur solo quarantacinquenne è già stato sinora sottosegretario dì Stato otto volte, ininterrottamente negli ultimi governi di Moro, di Leone, di Rumor, di Colombo, di Andreotti, e poi di nuovo con Rumor.
Egli ha difatti autorizzato la circolazione nei giorni festivi delle autovetture da noleggio con conducente, anche nei comuni dove opera il servizio da piazza dei tassì. Per ovvia logica corporativa si sono immediatamente messi in sciopero i conducenti di tassì.
Era un pomeriggio di sabato, vigilia della quinta domenica austera italiana, e dalle cinque alle sei solerti funzionari della prefettura di Roma timbrarono e distribuirono permessi di circolazione agli autonoleggiatori. Contrordine, alle sei: non si timbra più niente, non si rilasciano altre licenze.

Corre la voce che gli autonoleggiatori non possono circolare « per motivi di ordine pubblico », e in ogni modo i tassinari, soddisfatti, annunciano la revoca del loro sciopero. Ha vinto una delle due corporazioni, e quella sconfitta ha pagato caro perché all'incirca cento noleggiatori autorizzati durante la breve ora di liberalità sono poi stati, il giorno dopo, multati per 166 mila 655 lire ciascuno.
Il loro legale, avvocato Erasmo Antetomaso, ha presentato alla procura della Repubblica una denuncia contro « le competenti autorità e il prefetto di Roma invitando il magistrato a ravvisare i reati derivanti da quanto si è verificato ».

Il celebre penalista professor Giuseppe Sotgiu ha offerto il proprio patrocinio, e se la causa ci sarà potrà arrivare in Cassazione, o al Consiglio di Stato, o davanti alla Corte Costituzionale. Tanto, bisogna pure occupare il tempo, in un Paese dove sembra che nessuno abbia da far altro che profittare di ogni circostanza — anche di quella dell'austerità — per difendere il proprio privilegio corporativo.

Questo è il vero problema dell'austerità italiana, la riluttanza di ogni gruppo e categoria ad assoggettarsi a privazioni, nel saldo convincimento che a sacrificarsi debbano essere gli altri, a cominciare dai diretti concorrenti per finire agli ignoti; paghino loro.
A ben vedere, questo è il fascismo del 1974, spaccio di corporativismo trionfante, ignaro di politica, fuori dall'economia, emblema di costume.

Vittorio Gorresio

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