Chiamasi vitalizio “una rendita vita natural durante concessa al termine di un mandato al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità di permanenza nelle funzioni elettive”.
Da quando la Regione Lombardia, in uno slancio d’inaspettato coraggio (sich!) ha deliberato, per i vitalizi degli ex consiglieri, una temporanea riduzione del 10% (fino al 2018 innalzando l’età per poterli percepire da 60 a 66 anni), assistiamo a reazioni al limite del grottesco. Al grido di: “Pacta sunt servanda” (i patti devono essere rispettati), c’è chi minaccia di ricorrere al Tar, alla Corte dei Conti, al Tribunale ordinario, persino alla Corte Costituzionale pur di difendere i “diritti acquisiti”.
Altri, grazie a un regolamento approvato a suo tempo, si sono invece precipitati a ritirare i contributi versati, pratica vietata ai comuni mortali. Diciamo, con l’aria che tira, il modo migliore per riavvicinare la gente alla politica (altro sich!). Ma quanti sono questi ex consiglieri? In Lombardia sono 221 gli ex inquilini delle passate legislature a beneficiare del vitalizio con un costo che si aggira intorno ai 7,4 milioni l’anno. Vitalizio, giusto ricordare, cancellato tre anni fa e che quindi non riguarderà gli attuali consiglieri.
Ora la domanda che dobbiamo porci è: “Il Consiglio regionale, varando questa norma, sta richiedendo un equo contributo di solidarietà a persone privilegiate oppure sta iniquamente attaccando degli intoccabili diritti acquisiti?” Osservando certi vitalizi, con importi sproporzionati rispetto ai contributi versati, più che di diritti acquisiti si dovrebbe parlare di bei privilegi acquisiti, consolidati e direi poco giustificabili. Quindi, in un’ottica di contenimento dei costi della politica, in una crisi che ha costretto milioni di persone a sacrifici cui non era abituata da tempo, un contributo di un 10% su un “privilegio acquisito” non sembra essere un grande sacrificio.
Va però detto che le prestazioni degli enti pubblici sono soggette a norme di diritto pubblico e quindi derivanti da precise scelte politiche. In pratica, loro se li sono dati (i privilegi), loro e solo loro vi possono rinunciare.
Non facciamoci illusioni, non lo faranno. Ma non per interesse personale. La loro battaglia di resistenza è solo ed esclusivamente per difendere tutti i lavoratori che con questo precedente pericoloso vedrebbero messi in discussione i loro diritti acquisiti. Teneri. Sempre pronti a sacrificarsi per il bene comune.
Peccato che i comuni mortali sui “diritti acquisiti” non possano più contare da tempo, messi in discussione ad ogni piè sospinto. E a differenza loro, piccoli “diritti.” Di certo, non grandi “privilegi”.
Johannes Bückler
01 Febbraio 2015 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>
Da quando la Regione Lombardia, in uno slancio d’inaspettato coraggio (sich!) ha deliberato, per i vitalizi degli ex consiglieri, una temporanea riduzione del 10% (fino al 2018 innalzando l’età per poterli percepire da 60 a 66 anni), assistiamo a reazioni al limite del grottesco. Al grido di: “Pacta sunt servanda” (i patti devono essere rispettati), c’è chi minaccia di ricorrere al Tar, alla Corte dei Conti, al Tribunale ordinario, persino alla Corte Costituzionale pur di difendere i “diritti acquisiti”.
Altri, grazie a un regolamento approvato a suo tempo, si sono invece precipitati a ritirare i contributi versati, pratica vietata ai comuni mortali. Diciamo, con l’aria che tira, il modo migliore per riavvicinare la gente alla politica (altro sich!). Ma quanti sono questi ex consiglieri? In Lombardia sono 221 gli ex inquilini delle passate legislature a beneficiare del vitalizio con un costo che si aggira intorno ai 7,4 milioni l’anno. Vitalizio, giusto ricordare, cancellato tre anni fa e che quindi non riguarderà gli attuali consiglieri.
Ora la domanda che dobbiamo porci è: “Il Consiglio regionale, varando questa norma, sta richiedendo un equo contributo di solidarietà a persone privilegiate oppure sta iniquamente attaccando degli intoccabili diritti acquisiti?” Osservando certi vitalizi, con importi sproporzionati rispetto ai contributi versati, più che di diritti acquisiti si dovrebbe parlare di bei privilegi acquisiti, consolidati e direi poco giustificabili. Quindi, in un’ottica di contenimento dei costi della politica, in una crisi che ha costretto milioni di persone a sacrifici cui non era abituata da tempo, un contributo di un 10% su un “privilegio acquisito” non sembra essere un grande sacrificio.
Va però detto che le prestazioni degli enti pubblici sono soggette a norme di diritto pubblico e quindi derivanti da precise scelte politiche. In pratica, loro se li sono dati (i privilegi), loro e solo loro vi possono rinunciare.
Non facciamoci illusioni, non lo faranno. Ma non per interesse personale. La loro battaglia di resistenza è solo ed esclusivamente per difendere tutti i lavoratori che con questo precedente pericoloso vedrebbero messi in discussione i loro diritti acquisiti. Teneri. Sempre pronti a sacrificarsi per il bene comune.
Peccato che i comuni mortali sui “diritti acquisiti” non possano più contare da tempo, messi in discussione ad ogni piè sospinto. E a differenza loro, piccoli “diritti.” Di certo, non grandi “privilegi”.
Johannes Bückler
01 Febbraio 2015 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>
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