Disclaimer

Al fine di mantenere il blog nell'ambito di un confronto civile e costruttivo, tutti i commenti agli articoli espressi dai lettori verranno preventivamente valutati ed eventualmente moderati. La Redazione.

giovedì 8 gennaio 2015

La forza può prevalere sul diritto?


Il vile attacco al giornale Charlie Hebdo. L’orrenda strage di giornalisti, di lavoratori dell’informazione. Niente di più terribile, orribile, spaventoso. Ma tanta, troppa ipocrisia. 

23 Aprile 2009

Ksenija Bankovic aveva 28 anni quel 23 aprile del 1999 e svolgeva con grande passione il suo lavoro di assistente al montaggio. Anche Jelika Munitlak aveva 28 anni ed era molto soddisfatta del suo lavoro di truccatrice. Sono passati dieci anni, ma Ksenija e Jelika hanno ancora 28 anni.

21 Aprile 1999 

RTS è la televisione nazionale serba a Belgrado. Il palazzo ospita uffici, radio, Tv e si trova in mezzo al Parco della Pace dove il Sava s'incontra con il Danubio. Nel palazzo hanno sede uffici stampa del Sps, della Pink-Tv e poi uffici import-export, agenzie immobiliari e turistiche, banche, un day hospital per malattie reumatiche e un ristorante all'ultimo piano.

Il pomeriggio è iniziato con le sirene dell'allarme aereo. Di giorno non era mai successo: dicono che hanno bombardato il ponte sulla nuova circonvallazione.
Davanti al palazzo un cartello scritto a mano: ”OBIETTIVO MILITARE”. Nessuno ci fa caso. In fondo, si sa,  i giornalisti sono sacri. A chi verrebbe in testa di mandare un missile su una Tv che trasmette “Casablanca”.

RTS è una Tv mal sopportata dalla Nato.
Quando la NATO ha negato che un loro aereo da guerra Stealth era stato abbattuto, RTS aveva trasmesso il video del relitto. Quando la NATO ha detto che lo stadio di Pristina era stato utilizzato come un campo di concentramento, RTS aveva mostrato lo stadio vuoto.
Mentre la NATO affermava che il leader albanese, Ibrahim Rugova era a favore della loro campagna di bombardamenti, RTS mandava in onda l’intervista in cui il leader condannava quei bombardamenti.
Quando il 16 aprile la NATO aveva mostrato al mondo intero una fotografia satellitare come "prova" che i serbi avevano massacrato etnici albanesi, e li avevano seppelliti in una fossa comune a Izbica, RTS si era recata sul posto, nel piccolo villaggio albanese di Izbica, e aveva intervistato gli abitanti. Non trovando nessun massacro e nessuna fossa comune.
Confrontando poi riprese video della terra con la presunta fotografia satellitare della NATO aveva dimostrato che non esistevano edifici dove la NATO li indicava sulla fotografia. Inoltre RTS aveva mostrato un convoglio di profughi albanesi sulla strada Prizren-Djakovica, dove il 14 aprile almeno 75 persone erano state uccise dai bombardamenti; 100 i feriti, per lo più donne, bambini e anziani.

22 Aprile 1999 

Il ministro dell'Informazione serbo Aleksander Vucic ha ricevuto un invito via fax dal "Live Larry King Show" a comparire sulla CNN. Lo vogliono in onda alle 2:30 del mattino del 23 aprile e hanno chiesto al serbo di arrivare in televisione mezz'ora prima per il make-up. Vucic non ce l’ha fatta ad arrivare in tempo. La CNN dovrà rimandare l’intervista.

La CNN dichiarerà che fu solo una coincidenza. Disse che lo show “Larry King” era stato messo in onda dalla divisione intrattenimento che non era certo a conoscenza di quello che stava per accadere.

23 Aprile 1999 - ore 02.06 

E’ notte. RTS sta trasmettendo una intervista a Milosevic. Al suo fianco un professore americano, tale Ron Hatchet in una rara intervista rilasciata in esclusiva per conto di una quasi sconosciuta stazione televisiva di Huston, nel Texas.

Tremano e s'incrinano le finestre e il tetto del grattacielo è in fiamme. Un missile è entrato al primo piano, terza finestra da sinistra. E’ esploso nella sala trucco, dove una giovane assistente è bruciata viva. Un altro è entrato all’ultimo piano, sesta finestra da destra. Il terzo al decimo. Scoppiano i vetri e dalle finestre esce di tutto, il trifoglio del Parco della Pace si riempie di schegge di ferro, pezzi di sedia, un telefono resta su un pino, tabulati del day hospital ovunque.

“Possibile che non ci fosse nessuno nel grattacielo, illuminato fino a un attimo prima?” «Sono rimaste dentro almeno quindici persone, credo giornalisti» grida uno. Il ministro Goran Matic arriva davanti al grattacielo per una conferenza stampa.
«E' così difficile, per la Nato, tollerare la libertà d informazione?». La tv serba trasmette in diretta dal grattacielo e intervista una donna che continua a urlare. «Chissà quando riprenderò le trasmissioni», si lamenta Nemecjk

Il ministro italiano degli Esteri, l'on. Dini, da Washington, dove si è riunito il Summit dell'Alleanza per celebrare i 50 anni della Nato, dichiara ai giornalisti italiani: «è terribile, disapprovo, non credo che fosse neppure nei piani».


Immediatamente sconfessato dal suo Presidente del Consiglio, l'on. Massimo D'Alema, che dichiara: «Non si può commentare ogni giorno dove è caduta una bomba». Sintetizzato dai giornali: “Non si può discutere ogni bersaglio”.





Durante il bombardamento nel palazzo c’erano circa 200 persone. I morti della Tv RTS furono 16. Questi i loro nomi:

• Aleksandar Deletić (30), cameraman
• Branislav Jovanović (50), tecnico
• Darko Stoimenovski (25), tecnico
• Dejan Marković (39), addetto alla sicurezza
• Dragan Tasić (29), elettricista
• Dragorad Dragojević (27), addetto alla sicurezza
• Ivan Stukalo (33), tecnico
• Jelica Munitlak (28), truccatrice
• Ksenija Banković (28), addetto al mixer
• Milan Joksimović (47), addetto alla sicurezza
• Milovan Janković (59), macchinista
• Nebojša Stojanović (26), regista
• Siniša Medić (32), scenografo
• Slaviša Stevanović (32), tecnico
• Slobodan Jontić (54), regista
• Tomislav Mitrović (61), direttore del programma

12 dicembre 2001

I genitori di Ksenija Bankovic ed altri parenti delle vittime della strage alla RTS hanno proposto un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Turchia e Regno Unito per violazione degli articoli 2 (diritto alla vita), 10 (diritto alla libertà di espressione) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Oggi la Corte ha emesso la sentenza dichiarando il ricorso “irricevibile”.

La Corte, in sostanza, trovandosi innanzi a qualcosa di assolutamente inusitato nella pratica giurisprudenziale, operò una sorta di “astensione” delle sue competenze. Stabilì che gli Stati membri della Convenzione non possono essere giudicati per le azioni extraterritoriali (salvo che non acquisiscano di fatto il controllo del territorio al di fuori della loro giurisdizione). In quel caso la Corte ritenne che gli Stati chiamati in giudizio non avessero il controllo di fatto dell’area di Belgrado dove si è verificata la strage.

La Nato dichiarò che il numero delle vittime non era “sproporzionato” rispetto all’obiettivo.

Dieci anni dopo - 23 aprile 2009 

Ksenija Bankovic aveva 28 anni il 23 aprile del 1999 e svolgeva con grande passione il suo lavoro di assistente al montaggio. Anche Jelika Munitlak aveva 28 anni ed era molto soddisfatta del suo lavoro di truccatrice.

Sono passati dieci anni, ma Ksenija e Jelika hanno ancora 28 anni.

Erano nate lo stesso giorno, il 16 giugno 1971. Ksenija aveva frequentato il liceo a Belgrado. Al termine della scuola aveva cercato di iscriversi alla Facoltà di Arti Drammatiche, sezione assemblaggio. Dato l’amore per il cinema aveva cominciato a lavorare come mixer video in una Tv privata, poi dal settembre 1994 era entrata in RTS. Aveva intenzione di sposarsi e mettere su famiglia. Dal 1 maggio 1999 è sepolta nel nuovo cimitero di Belgrado.

Jelika, nata anche lei a Belgrado, è sepolta accanto alla sorella, morta dieci anni prima.

Sono morte alle ore 2,06 del 23 aprile 1999, assieme ad altre quattordici persone, come loro al lavoro presso gli studi della Rts (Radio Televisione Serba) di Belgrado. Un missile «intelligente» della NATO aveva deciso di colpire (e c'era riuscito), centrando con precisione millimetrica l'ala centrale dell'edificio della televisione dove ferveva il lavoro dell'equipe tecnica.

Quel bombardamento rese nullo un diritto. Si stabilì che il diritto alla vita dei giornalisti (e di tutti coloro che lavorano nel mondo dei media) dipende dal grado di libertà di stampa esistente in un determinato contesto. Quando la televisione costituisce uno strumento di propaganda di un regime politico autoritario, o comunque da fastidio a chi conduce un conflitto, allora può essere silenziata con la "giusta dose di bombe".

L'esempio della Rts fece scuola. Così dopo la TV di Belgrado, una "giusta dose di bombe" fu rovesciata, nel corso della guerra dell’Afganistan, sulla sede della TV Al Jazeera che trasmetteva da Kabul.

In Iraq, il giorno prima della capitolazione di Baghdad, fu distrutto il terrazzo da cui trasmetteva la Tv Al Jazeera, uccidendone l'inviato così come fu distrutto l’ufficio di Abu Dhabi TV e bombardato l'Hotel Palestine, uccidendo altri due giornalisti.

In seguito molti altri operatori dell’informazione hanno pagato con la vita l’ostinazione di voler continuare a informare.

Il conflitto tra guerra ed informazione, esploso così drammaticamente il 23 aprile 1999, è lo specchio di un altro fenomeno, non meno importante: quello fra guerra e diritto. La domanda è: "La forza può prevalere sul diritto?"

Le parole del diritto sono certo silenziose, debolissime, ma devono diventare forti, imperiose. E dovrebbe essere compito anche e sopratutto  dell’informazione.


Il vile attacco al giornale Charlie Hebdo. L’orrenda strage di giornalisti, di lavoratori dell’informazione. Niente di più terribile, orribile, spaventoso. Ma tanta, troppa ipocrisia. 

 Johannes Bückler

P.S. Questo video, al quale è stata aggiunta solo un'immagine, in realtà è un file audio originale registrato a Belgrado proprio in quei giorni durante i bombardamenti.





Nessun commento:

Posta un commento