mercoledì 18 dicembre 2013

Abolizione o semplice riduzione del finanziamento pubblico ai partiti?


Caro Johannes,
da un paio di giorni non si parla d'altro: finalmente abolito il "finanziamento pubblico ai partiti".
Come sempre sono un po' lento nel comprendere e chiedo il tuo aiuto.
Innanzi tutto noto che tutti i politici e i media hanno cancellato l'ipocrisia del lessico usato dal legislatore post referendum che aveva inserito la terminologia impropria dei "rimborsi spese elettorali".
Non vado oltre, da qui in poi mi perdo.
Da quanto si sente dire, al nuovo regime ci si arriverà solo dal 2017; ci può stare, non si può pretendere che chi riceve una "consistente paghetta" possa organizzare la propria sopravvivenza in tempo reale.
I vari meccanismi del regime transitorio li assimileremo con calma, ma resta il dubbio (ne avevo già' fatto cenno in un mio precedente messaggio) che, alla fin fine, tra 2 per mille e detrazioni (26% e 37%) pagherà sempre "pantalone" (cioè con i nostri soldi di onesti e vessati contribuenti).
Detto in altri termini: se ai partiti arriveranno risorse derivanti da tasse pagate (2 per mille) o abbassando quelle dovute (detrazioni) significa che le risorse che sostengono lo Stato e che arrivano dalla tasche dei singoli contribuenti vengono parzialmente distratte a favore dei partiti stessi. Ma questa "quota" come può essere chiamata diversamente da "finanziamento pubblico"?
Prova ne e' che lo stesso ministero dell'Economia quantifica il minor gettito connesso a questo provvedimento in termini sufficientemente indicativi: oggi, prima delle modifiche, il costo per lo Stato e' pari a 91 milioni di euro, che si attesterà a circa 72 milioni solo successivamente al 2017.
Siamo proprio certi che sia stato abolito il "finanziamento pubblico"?
Ti prego, illuminami.

Un caro saluto a tutti

Samuel Adams

lunedì 16 dicembre 2013

La macchina del tempo. 1983


Mentre Craxi arriva al governo per la prima volta, la Cassa del Mezzogiorno compie 33 anni.
In lire (dell’82) aveva già speso 53.709 miliardi in infrastrutture e 94.988 miliardi in incentivi.
Inoltre gli impegni di spesa già superano i 33.000 miliardi per strade e porti, e 52.000 miliardi di finanziamenti a chi promette di creare nuovo lavoro. Come funziona? Semplice. Qualcuno ritiene che in un determinato luogo serva un porto? (capirete in seguito perché ho scelto il porto come esempio)
Nessun problema. Si butta giù un progetto, costo (per esempio) 20 miliardi l’anno, per tot anni (un numero qualunque; tutti sanno che ci vorranno più anni e più soldi) e, accompagnati da un politico, si presenta il progetto in una delle sedi decentrate di gestione dell’intervento straordinario. Un’occhiatina veloce (ma molto, molto veloce)  e si delibera: l’ente, o la persona, è autorizzata ad attuare il progetto che costerà 20 miliardi l’anno per tot anni. Punto. Realizzazione autorizzata e spesa da quantificare in corso d’opera.
(Una follia vero?)

I costi lievitano anche solo per l’inflazione a due cifre. In più i lavori non finiscono mai. Infatti una legge degli anni sessanta rende automatica (avete letto bene, automatica) la revisione dei prezzi sugli appalti e la liquidazione degli anticipi dopo un certo periodo di tempo (già stabilito per legge). In questo modo non è assolutamente conveniente finire l’opera nei tempi stabiliti (questa pazzia fu abolita solo nel 1993, trent’anni dopo la sua introduzione).

Oggi Craxi ha deciso che la Cassa del Mezzogiorno deve essere commissariata e il Presidente, tale Massimo Perotti, non l’ha presa bene.

E’ stato nominato un commissario che deve gestirne la liquidazione entro due anni. La DC ha imposto una persona nuova (sich!). Non è vero, scherzavo. La DC ha imposto che sia lo stesso Perotti a gestire il tutto. E vai.
Perotti si è messo al lavoro e ha comunicato che per completare i progetti esistenti la Cassa ha bisogno di altri 17.848 miliardi (ancora!!!), 6384 per la revisione dei prezzi e altri 3.000 per consulenza varie.
Qualcuno ha protestato? E quando mai. Nessuno ha avuto niente da dire.

Nessuno ebbe niente da dire. Nemmeno il 2 marzo 1984, quando Perotti fu arrestato per concussione.

Ricordate l’esempio del porto?
E' l'esempio per descrivere la qualità di quei progetti. Quando Perotti presenta la richiesta di altri soldi, a Sibari si sta costruendo (o meglio, si sta cercando di costruire) un porto da oltre vent’anni. Nel progetto originale la Cassa del Mezzogiorno voleva finanziare un’opera grandiosa. Un porto per attraccare petroliere da 250mila tonnellate (già… e c’è poco da ridere).
La parola magica è “petrolio” e l’obiettivo è di trasformare la Calabria in una nuova California. Qualcuno ci crede, a tal punto che l’Enel ha cominciato a costruire a Rossano una grande centrale elettrica. Il piano è: costruisco il porto, arrivano le petroliere e attraverso un oleodotto (collegato al terminal di scarico) faccio funzionare la centrale che alimenterà fabbriche e attività che nasceranno come funghi in Calabria. Bellissimo. Stupendo. Calabria come la California. Evviva.

Evviva un corno. Vi chiederete: ma alla fine il porto fu costruito? No. Non fu mai costruito. Il motivo? Avevano autorizzato i lavori, approvato il progetto, ma nessuno si era preoccupato di disporre un’indagine geognostica del terreno. Dopo 5 anni di lavori si scoprì che sotto il fondale c’era un “banco di argilla limosa di oltre 50 metri”. Dopo 5 anni e decine di miliardi buttati.
Per la cronaca Sibari era stata una stupenda città greca protesa sullo Ionio. Il geografo greco Strabone duemila anni prima ne aveva descritta la decadenza, dovuta proprio al fatto che non poteva munirsi di un porto. Ogni volta che i Greci ci avevano provato il mare lo aveva riempito di sabbia.
E adesso potete ridere. O piangere. O urlare che la colpa è tutta dell’euro. In questo caso studiamo almeno un pochino prima. Economia? No. La storia.

Johannes Bückler