Caro Johannes,
l'oggetto della presente esternazione si riferisce, facile capirlo, al redditometro.
Da strumento idealmente idoneo a stanare una certa fascia di evasione diffusa, ci siamo ritrovati con la montagna che ha partorito il classico topolino.
Se quantificare esattamente le entrate e', molto spesso, "missione impossibile", rilevare le uscite, con orizzonte ben mirato e indicativo di capacita' reale di spesa, risulta assai più facile.
Quanto di questa ineluttabile constatazione si sia tradotta nel "meccanismo" entrato in vigore il 19 u.s. non mi risulta chiaro, aiutami tu a capirlo.
A me pare che al "rastrello fiscale" che poteva essere il redditometro nella sua concezione originaria sia stato sostituito un misero "punteruolo", con capacita' di "raccolta", evidentemente, assai ridotte.
Sono esageratamente pessimista? Credo di no, ahimè; per dimostrare la fondatezza del mio punto di vista mi aiuterò con i dati ufficiali (Ministero dell'Economia e ISTAT) di recente divulgazione.
Nel 2011 il reddito annuo dichiarato in media dagli italiani ammonta a 19.600 euro (giova ricordare che si tratta di reddito lordo, dal quale occorre togliere il "carico fiscale" per ottenere il quantum spendibile).
Con riferimento esemplificativo ad alcune categorie economiche, quel dato si identifica ancor più precisamente: dipendenti, 20.000 euro; pensionati, 15.500; avvocati, 58.700; medici, 69.500; architetti, 29.100; muratori e imbianchini, 23.600; ristoratori, 15.400; alberghi, 18.300; autosaloni, 10.100; bar e gelaterie, 17.800; gioiellieri, 17.300; tassisti, 15.600; parrucchieri, 13.000; negozi di scarpe e abbigliamento, 6.500 euro.
La spesa media di ogni famiglia italiana, in un anno, ammonta a 29.856 euro. Considerando la composizione della famiglia stessa, troviamo che i single spendono, mediamente, 21.168 euro, i coniugi senza figli, 29.424 e i coniugi con un figlio, 33.492. Raffrontando i dati, anche con grandissima approssimazione, a me pare che ci sia qualcosa che non torna.
Da ciò la convinzione della potenziale validità di uno strumento come il "primo" redditometro e la forte delusione per la "versione" entrata in vigore. Quest'ultima, non dimentichiamolo, viene presentata con la sottolineatura che scostamenti inferiori ai 12.000 euro non verranno considerati e che la norma stessa prevede una "soglia di tolleranza" del 20% di scostamento tra reddito dichiarato e spese al di sotto della quale non si metterà in moto la "macchina" dei controlli.
Johannes, riformulo la domanda?
Sono esageratamente pessimista o ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento "fumoso" e demagogico che solo apparentemente vuole proporsi come deterrente dell'evasione ma in realtà risulta l'ennesima espressione di quella "volontà politica" che ha, da sempre, caratterizzato il nostro Paese?
Un caro saluto a tutti
Samuel Adams
l'oggetto della presente esternazione si riferisce, facile capirlo, al redditometro.
Da strumento idealmente idoneo a stanare una certa fascia di evasione diffusa, ci siamo ritrovati con la montagna che ha partorito il classico topolino.
Se quantificare esattamente le entrate e', molto spesso, "missione impossibile", rilevare le uscite, con orizzonte ben mirato e indicativo di capacita' reale di spesa, risulta assai più facile.
Quanto di questa ineluttabile constatazione si sia tradotta nel "meccanismo" entrato in vigore il 19 u.s. non mi risulta chiaro, aiutami tu a capirlo.
A me pare che al "rastrello fiscale" che poteva essere il redditometro nella sua concezione originaria sia stato sostituito un misero "punteruolo", con capacita' di "raccolta", evidentemente, assai ridotte.
Sono esageratamente pessimista? Credo di no, ahimè; per dimostrare la fondatezza del mio punto di vista mi aiuterò con i dati ufficiali (Ministero dell'Economia e ISTAT) di recente divulgazione.
Nel 2011 il reddito annuo dichiarato in media dagli italiani ammonta a 19.600 euro (giova ricordare che si tratta di reddito lordo, dal quale occorre togliere il "carico fiscale" per ottenere il quantum spendibile).
Con riferimento esemplificativo ad alcune categorie economiche, quel dato si identifica ancor più precisamente: dipendenti, 20.000 euro; pensionati, 15.500; avvocati, 58.700; medici, 69.500; architetti, 29.100; muratori e imbianchini, 23.600; ristoratori, 15.400; alberghi, 18.300; autosaloni, 10.100; bar e gelaterie, 17.800; gioiellieri, 17.300; tassisti, 15.600; parrucchieri, 13.000; negozi di scarpe e abbigliamento, 6.500 euro.
La spesa media di ogni famiglia italiana, in un anno, ammonta a 29.856 euro. Considerando la composizione della famiglia stessa, troviamo che i single spendono, mediamente, 21.168 euro, i coniugi senza figli, 29.424 e i coniugi con un figlio, 33.492. Raffrontando i dati, anche con grandissima approssimazione, a me pare che ci sia qualcosa che non torna.
Da ciò la convinzione della potenziale validità di uno strumento come il "primo" redditometro e la forte delusione per la "versione" entrata in vigore. Quest'ultima, non dimentichiamolo, viene presentata con la sottolineatura che scostamenti inferiori ai 12.000 euro non verranno considerati e che la norma stessa prevede una "soglia di tolleranza" del 20% di scostamento tra reddito dichiarato e spese al di sotto della quale non si metterà in moto la "macchina" dei controlli.
Johannes, riformulo la domanda?
Sono esageratamente pessimista o ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento "fumoso" e demagogico che solo apparentemente vuole proporsi come deterrente dell'evasione ma in realtà risulta l'ennesima espressione di quella "volontà politica" che ha, da sempre, caratterizzato il nostro Paese?
Un caro saluto a tutti
Samuel Adams
Nessun commento:
Posta un commento