Caro Johannes,
1 - Sono un tizio che ha visto da vicino come funziona lo Stato, e funziona male, non vi sono dubbi al riguardo;
2 - Una domanda alla quale non sono mai riuscito a trovare una risposta convincente: su che base giuridico-costituzionale una assemblea elettiva autodecide il danaro pubblico da distribuire ai propri membri?
Ha senso che un Parlamento autodecida ciò che deve spendere per il proprio funzionamento, autodecida il proprio prelievo, la propria "fetta di torta", l'uso a fini propri delle tasse che lo stato preleva?
Questa "indipendenza" è legittima, prima di essere legale, prima di stabilire poi che si fa di questi soldi? Non parliamo di parlamentini di rango locale;
3 - Si può continuare ad avere una contabilità di Stato che non contabilizza, che deve emergere in modo frammentato e confuso solo per delazione di qualche membro insoddisfatto della "distribuzione"?
Non è questo primo fatto una violazione del primo e più elementare principio di buona e doverosa amministrazione?
I nostri sommi giuristi, quelli che celebrano le messe contabili cantate nel loro incomprensibile "latinorum contabile", dove sono, dove erano?
Qualcuno può cortesemente ed autorevolmente spiegare loro perché prendono lo stipendio?
Siamo ad un generalizzato "abuso del diritto"?
4 - Se è così, e sono convinto che sia così, come si dovrebbe fare invece?
Si può avere una voce del Bilancio dello Stato che fa le somme del costo della politica in Italia, lasciando fuori le mazzette?
Si può avere finalmente un budget vero, che limiti il totale della spesa per il mantenimento della politica?
Non dovrebbe essere così? Gli altri come si regolano?
Alberto Carzaniga
1 - Sono un tizio che ha visto da vicino come funziona lo Stato, e funziona male, non vi sono dubbi al riguardo;
2 - Una domanda alla quale non sono mai riuscito a trovare una risposta convincente: su che base giuridico-costituzionale una assemblea elettiva autodecide il danaro pubblico da distribuire ai propri membri?
Ha senso che un Parlamento autodecida ciò che deve spendere per il proprio funzionamento, autodecida il proprio prelievo, la propria "fetta di torta", l'uso a fini propri delle tasse che lo stato preleva?
Questa "indipendenza" è legittima, prima di essere legale, prima di stabilire poi che si fa di questi soldi? Non parliamo di parlamentini di rango locale;
3 - Si può continuare ad avere una contabilità di Stato che non contabilizza, che deve emergere in modo frammentato e confuso solo per delazione di qualche membro insoddisfatto della "distribuzione"?
Non è questo primo fatto una violazione del primo e più elementare principio di buona e doverosa amministrazione?
I nostri sommi giuristi, quelli che celebrano le messe contabili cantate nel loro incomprensibile "latinorum contabile", dove sono, dove erano?
Qualcuno può cortesemente ed autorevolmente spiegare loro perché prendono lo stipendio?
Siamo ad un generalizzato "abuso del diritto"?
4 - Se è così, e sono convinto che sia così, come si dovrebbe fare invece?
Si può avere una voce del Bilancio dello Stato che fa le somme del costo della politica in Italia, lasciando fuori le mazzette?
Si può avere finalmente un budget vero, che limiti il totale della spesa per il mantenimento della politica?
Non dovrebbe essere così? Gli altri come si regolano?
Alberto Carzaniga
Caro Alberto,
RispondiEliminai fatti di questi giorni (sui quali meglio stendere un velo pietoso) hanno portato alla ribalta un dibattito antico. Tanto antico da essere iniziato all’interno dell’Assemblea Costituente: l’ipotesi di inserire nella Costituzione una norma che obbligasse i partiti a darsi una regolamentazione giuridica e di finanziamento degli stessi. Non se ne fece niente partorendo un articolo, il 49, molto stringato ed essenziale nella sua forma. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Il motivo? Prima di tutto bisogna prendere in considerazione il periodo da cui usciva il Paese. I Costituenti pensarono di lasciare mano libera (si veniva da periodi bui). Determinare un obbligo giuridico poteva limitare la formazione e il lavoro dei partiti, tanto è vero che lo stesso articolo viene spesso riferito ad attività esterne ai partiti più che all’interno. Nel corso degli anni si è cercato attraverso operazioni esterne alla Costituzione di regolamentare l’utilizzo dei soldi pubblici da parte dei partiti. Purtroppo, quasi mai spontaneamente (penso al dopo Tangentopoli). Personalmente credo che i Costituenti valutarono che il terreno (i cittadini) sui quali stavano seminando fosse un buon terreno. Il terreno aveva valori che non richiedevano molte precisazioni. Insomma, un Paese eticamente diverso da oggi. E oggi i il problema è sempre quello (come per l’evasione fiscale). Se non si riporta un po’ di etica, saremo sempre costretti a darci leggi, regole, regolamenti. Ma in un Paese dove fatta la legge trovato l’inganno…
Un caro saluto
Johannes
P.S. Ma “concorrere con metodo democratico” non è sufficientemente chiaro?